Adesso ridete pure, ma quando ho cominciato a lavorare a questo libro la prima ricetta che mi è venuto spontaneo scrivere è stata questa. La piada, ovvero il «cibo nazionale dei romagnoli».
Essendo molto vasto il territorio dove viene prodotta, non esiste un’unica ricetta della piadina, si parla piuttosto di diverse varianti locali: c’è chi mescola la farina di frumento con la farina di mais, chi usa ancora lo strutto come facevano le nonne e chi lo sostituisce con l’olio, chi usa un po’ di lievito ecc. Anche nell’aspetto le varie piadine romagnole non sono identiche: nel riminese, per esempio, è più fine e larga, man mano che si sale verso le mie parti diventa più spessa e stretta. E più buona…
Perché, come dice il proverbio «in tla pida j’è bun nenca i sas»; per i pochi che non avessero capito «nella piada sono buoni anche i sassi».
Ingredienti
500 gr di farina
100 gr di strutto
15 gr di lievito chimico
2 cucchiaini di miele
17 gr di sale
55 ml di latte
55 ml di acqua
Istruzioni
Impastate tutti gli ingredienti, a mano o nell’impastatrice, ottenendo un panetto morbido ma non appiccicoso. Ricavatene delle palline di circa 150 gr l’una e stendetele sulla spianatoia con il matterello. Ruotate la piadina di 45° a ogni passaggio del matterello per riuscire a ottenere una forma il più possibile sferica. Una volta raggiunto lo spessore di circa 3-4 mm cuocete la piadina in una padella dal fondo basso, circa 2 minuti per lato, bucherellando con una forchetta le bolle che si formeranno via via. Una volta cotta, farcitela e gustatela ancora calda. La tipica farcitura della piadina è con il prosciutto crudo, lo squacquerone e la rucola, ma, dopo una serata fuori, alle tre del mattino la mia preferita rimane quella con la salsiccia e la cipolla. Liscia e tagliata a tocchetti sarà l’architrave di ogni buon cestino del pane.
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